IL GIUBILEO DELLA SPERANZA: DALLA LOGICA DELLO SCONTRO ALLA CULTURA DELL’INCONTRO

Il Giubileo della Speranza: dalla logica dello scontro alla cultura dell’incontro
di Massimo Maiorano, Presidente Unione Exallievi/e Don Bosco “Stefano Speranza” Bari

In un tempo segnato da tensioni globali, guerre dimenticate e conflitti sotto gli occhi di tutti, il messaggio lanciato da Papa Francesco sulle colonne di Avvenire assume un significato straordinariamente profetico e necessario: “Favorire il dialogo, anche con chi è ‘scomodo’. Il Giubileo sia occasione per passare dalla logica dello scontro a quella dell’incontro”.

Davanti al rischio concreto di una nuova guerra mondiale, come il Pontefice ha lucidamente denunciato, la vera sfida delle nostre comunità – civili, religiose ed educative – è tornare a costruire ponti. Ponti tra generazioni, tra popoli, tra culture, tra diverse visioni del mondo. E per farlo, abbiamo bisogno di strumenti veri: la diplomazia della speranza, la cultura della pace, l’educazione al rispetto e al dialogo.

Il Giubileo del 2025 può e deve essere una grande occasione di rigenerazione spirituale e civile. Non una celebrazione rituale, ma una chiamata profonda ad abbandonare la logica dell’ostilità, della divisione, del sospetto, per abbracciare quella dell’ascolto, della fraternità e della corresponsabilità. Come exallievi di Don Bosco, educati all’impegno e alla solidarietà, sentiamo fortissimo questo appello, tocca anche a noi tradurre in azioni quotidiane le parole del Papa, rendendo ogni scuola, oratorio, famiglia, quartiere e ambiente di lavoro un luogo di incontro autentico.

Nel Giubileo ci viene offerta una nuova grammatica per rileggere la storia presente: una grammatica fatta di misericordia, riconciliazione, giustizia e speranza. Valori che non appartengono solo ai credenti, ma a ogni persona che crede nella dignità dell’uomo e nella possibilità di un futuro condiviso.

Davvero, come dice il Santo Padre, è tempo di passare “dalla logica dello scontro a quella dell’incontro”. E non c’è testimonianza più forte, oggi, che mettersi a servizio di questa missione, con umiltà ma anche con determinazione. Perché la pace, come il bene, è contagiosa. E se comincia da noi, può raggiungere il mondo intero.

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